Dal Segno al Simbolo  

opere del Maestro in mostra alla Galleria In Villa a Castiglioncello

dal 18 agosto al 2 settembre 2012

patrocinata del Comune di Rosignano Marittimo

 

 

Ariberto Badaloni”     di         Lodovico Gierut

Ariberto Badaloni l’ho conosciuto molto tempo fa, poi – come i casi della vita – ci siamo un poco persi, anche se c’è sempre stata comunicazione.Siccome penso che nel mondo dell’arte e della cultura in genere, il tempo non debba esistere, se rivedi un amico dopo anni e anni, sempre amico è. Pare di averci parlato soltanto due o tre giorni prima, con le argomentazioni e le tematiche come le risposte ai perchè e ai quando che oltrepassano le barriere della consuetudine. Sono ormai abitudinario alla lettura. Leggere – per me e per altri – rappresenta la ri-scoperta della memoria altrui, un qualcosa che arricchisce le nozioni, rinverdisce il già acquisito, costruisce basi e basi anche minuscole da allegare a recensioni e a saggi brevi o ampi di varie tipologie. Non mi è più sufficiente dire d’un creativo e dell’altro senza proporre stille specifiche non mie, analizzare cioè pubblicazioni (nel caso di Badaloni un suo catalogo del 2009 “Intenti Enigmi Ricapitolazioni”) che reputo necessari alla chiarezza. Per me è infatti necessario, nella cosiddetta concatenazione, far convergere il fruitore nell’“Io” dell’uno e dell’altro artista. Queste righe dedicate ad Ariberto Badaloni non sono dettate dal caso, e forse l’inciso è per scusarmi con quest’amico di non avergli dedicato parole dette e mai vergate su carta, promessigli quando ci vedemmo a Seravezza – nel cuore del territorio versiliese che conosce molto bene – verso la fine del Novanta durante un simposio di scultura che curavo, intitolato “Sulla via di Michelangelo”. Sono certo che chi visita la sua esposizione odierna possa soffermarsi a guardare un’Arte che non è superficiale, ma che legge e interpreta un tempo in cui vive, che entra in maniera diretta, producendo attimi di riflessione in mezzo a un’Umanità spesso frammentata, frettolosa e superficiale. Badaloni è uomo che pensa e agisce. Non ama la superficialità e neanche quelle “mode” che spesso conducono alla cosiddetta visibilità. Nel suo rifugio labronico, con accanto la brava scultrice Franca Frittelli (che nelle mani/pensiero possiede la dote della monumentalità), costruisce un inesausto racconto per immagini da cui si evince sia un’indubbia personalità artistica, sia un incessante desiderio equilibratamente concretato del dare e del donare tramite un fare dove il segno si sposa alla forma/colore. Le sue figure, inserite quasi perennemente su un ricorrente sfondo simbolico, diventano una sorta di esaustivo ed espressivo specchio del riflettere sugli accadimenti della vita, persino tramite la rimodulazione di alcuni temi storici. L’amore/pensiero vince ogni morte. Ho ammirato lavori come il “Lacoonte imprigionato” e il “Il ritorno degli dei”, esempi pulsanti che contribuiscono a dire di un artista a tutto tondo che nella cultura dell’impegno continuativo ha la propria base. Persino nell’affrontare la negatività di eventi, generalmente intesi, come “L’innalzamento delle acque” o “Sperduti” (matite su carta rispettivamente del 2010 e del 2011), è chiara la sua comunicazione, tanto che la mente va a Giovanni Papini il quale – in Ritratti stranieri (Firenze, 1942) – alla voce “Teodoro Dostojevski, XI, 1911” afferma, ovviamente a proposito dello scrittore russo, “... di estrarre dai veleni della vita l’eterna bevanda dell’arte”. L’invito a riflettere su ciò che è stato (o che potrebbe essere) è proprio dei “creativi” come il Nostro che guarda e pensa e spesso si chiede se un futuro sarà luminoso o buio, e cosa farà l’Uomo. Le scelte di Ariberto Badaloni sono di continuo fissate nel proporre e nel proporsi.

Viaggiatore pensoso e pensante (è bene guardare anche “Il riflesso” del 2012!), è vestito da novello viaggiatore che osserva da un treno in corsa (ma può essere un aereo, un’automobile...) i paesaggi e ogni cosa/evento priva di staticità. L’uomo che sulla propria barca va verso il mare tramite il fiume, è lui, l’artista che passando accanto a metropoli e a piccoli aggregati urbani, a terre folte e attive o inaridite dall’abbandono, respira frammenti d’esistenza portando in essere, grazie alle chine e agli inchiostri e agli oli e agli acrilici... posti con diligenza e amore su qualsiasi supporto, lavori tipo “Il giocoliere dei mondi” (2003) costruito quasi metafisicamente, con in lontananza le Apuane michelangiolesche imbiancate dal marmo dell’eternità; “La regina della notte” (2004) che vuol dire d’una mente sempre attiva, concretizzata nella proposizione di stelle giocose – forse sogni – e veli fluttuanti nel sonno e d’un lontano fine oltre un tortuoso sentiero; “Africa” (2005) in cui s’annida una maternità dolcissima con lo spazio a farla da padrone assieme a due elefanti, da associare alle parole del poeta sudanese Danko (primi del Novecento) là dove anche lui, senza minute descrizioni, vede quell’animale dal “roseo fiore della tromba” con grande rispetto.

Ci sono anche, tra i dipinti, “La violinista” e “La giapponese” (2007), “La fabbrica dei giocattoli”, “L’enigma della caccia” e “L’enigma della scala rossa” (2010), e altre creazioni quali “Dalla ‘Battaglia di San Romano’ di Paolo Uccello” e “La porta dell’aldilà” (2012) che ne riassumono il denso impegno in cui è calzante la ricorrente simbologia dell’acqua per riaffermare la continuità della vita, o quella della porta e della strada, a dire di scelte precise e decise, prive di tentennamenti e di indecisioni. Si potrebbe scrivere di altre sue opere poste in collezioni pubbliche e private – l’arte è fatta di semi che tante volte (è bene sperarlo, per tutti, che siano famosi o sconosciuti!) generano “pensamento” e gioia – che dicono di un impegno anche morale di altrui facile accesso. La porta aperta di Badaloni consente di capire, in definitiva, una poesia dipinta professionalmente e culturalmente da ammirare, mai stanca, su cui sosta la farfalla dell’arte. Nel terminare questi appunti e nel segno della continuità, voglio infine dedicargli la lirica – apre la recente pubblicazione “La valigia. Trentacinque poesie” alla quale tengo particolarmente (di mia figlia Marta, che ha conosciuto) – intitolata L’Arte.

Arte,

sorreggi

la solitudine

dell’Uomo

e

traccia comete

nel cammino effimero

Sì, le sue composizioni sono davvero “comete magiche”...                    Marina di Pietrasanta, 14 aprile 2012